Storia della città

veduta "Piazza Martiri della Libertà"
Piazza Martiri della Libertà

Il comune di Santena confina con i comuni di Chieri, Villastellone, Cambiano e Poirino. La sua altimetria è di 237 metri s.l.m., ha una popolazione di 10.200 abitanti (dati del censimento del 2007), la superficie è di 16 km². Si suddivide in frazioni:  Carolina, Case Nuove, Gamenario, Luserna, San Salvà, Tetti Agostino, Tetti Busso, Tetti Giro.
Il ritrovamento di alcune anfore funerarie romane e di parecchie monete di rame risalenti all’incirca all’anno 150 d.C., nonché di mattoni e di anfore del periodo di Cesare Augusto, sembrano avvalorare la tesi secondo cui il territorio santenese fosse abitato già dai primi secoli dopo Cristo, quando il Piemonte era una provincia romana. La zona inferiore del rio Santena era popolata da gente detta “Agamina”, dal nome del castello del Gamenario (Gamenarium o Agaminum), attorno al quale quel popolo aveva fondato il proprio villaggio. Furono gli Agamini che costruirono sulle sponde del torrente Banna, detto allora Santena o Santina, un castello a cui diedero lo stesso nome del fiume; qui sorse e si sviluppò il villaggio santenese. Sebbene la città fosse sotto la Signoria del Vescovo, verso il 1000 d.C. il dominio diretto di Santena passò ai Canonici della cattedrale di Torino, detti di San Salvatore. In pratica i Santenesi vivevano liberi e indipendenti da Chieri dal 1400. Essi avevano particolari statuti ed erano governati da signori propri. Questa indipendenza non poteva piacere a Chieri che cercò di limitare la giurisdizione dei feudatari santenesi richiamandosi ad antichi diritti e consuetudini.

La causa fra i due contendenti si protrasse per lungo tempo e nel 1728, quando Chieri vinse legalmente la battaglia, Santena si ritrovò rinchiusa in territorio altrui, con la prospettiva dì diventare un borgo di Chieri. Gli anni delle Guerre d’indipendenza videro Santena combattere per l’unità italiana, ma anche per la conquista di ciò che era ormai diventato un imperativo categorico per tutti i suoi abitanti: l’autonomia da Chieri. Santena fu finalmente libera di amministrarsi grazie alla Commissione Parlamentare dell’8 luglio 1878 che discusse ed approvò la sua richiesta di diventare un comune indipendente. I primi, anni dei XX secolo videro il sorgere di gravi problemi economici che ebbero come conseguenza l’emigrazione di molti italiani verso l’America, poiché le loro piccole proprietà non erano più sufficienti al mantenimento. Nel 1918 la città fu colpita da una grave epidemia di spagnola, che decimò la popolazione. L’Italia entrava intanto nel periodo di dittatura fascista, ed anche a Santena il regime impose il suo marchio. Le ferite della prima guerra mondiale non erano ancora del tutto rimarginate, quando Mussolini trascinò il popolo italiano in una nuova guerra. Arrivò finalmente il giorno della Liberazione, il 25 aprile fu salutato da Santena con balli e feste che si protrassero per molti giorni.

Villa Camillo Benso conte di Cavour

Fra i monumenti storici di Santena ricordiamo il Castello, splendida villa del XVIII secolo appartenuta ai Cavour e ai Visconti-Venosta, circondato da un bellissimo parco. La “casa-museo” presenta una mostra che documenta la vita privata e pubblica dello statista Camillo Benso di Cavour. Da vedere le stanze ricche di dipinti ed incisioni, lo studio Visconti Venosta, la Sala Diplomatica e il Salone delle Cacce. La Chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo edificata nel 1922, e dedicata come la prima ai SS. Apostoli Pietro e Paolo, fu benedetta da Monsignor Luigi Benna, vicario capitolare: il 7 settembre 1930 è aperta al culto. Di stile barocco e basilicale, fu consacrata, insieme all’altare maggiore, dal Cardinale Maurilio Fossati il 3 febbraio 1940. La Torre: è stata costruita sulla falsa riga di una costruzione medievale detta il Castellazzo, parzialmente demolita nel Settecento per fare posto all’ampliamento della chiesa parrocchiale. La Tomba di Cavour: dopo la morte di Camillo Benso di Cavour, avvenuta il 6 giugno 1861, la famiglia fece costruire la cripta mortuaria sotto la cappella di famiglia attigua all’abside della chiesa parrocchiale. Il semplice ingresso alla tomba, dichiarata monumento nazionale, è impreziosito dall’ordine dorico delle colonne in granito, mentre le pareti interne sono rivestite di marmo nero segnato dalle lapidi che conservano le spoglie dei Benso di Cavour, Clermont-Tonnerre, Sellon, Sales.